Nel 2018 sono stati investiti 2,8 miliardi di dollari in aziende innovative in ambito agricolo, il cosiddetto AgTech. Di questi il 6%, pari a circa 170 milioni, è stato assorbito per lo sviluppo di sensori e attrezzature, come i robot: mezzi a guida autonoma in grado di automatizzare alcune lavorazioni.

Si va dai trattori che si guidano da soli ad attrezzature in grado di 'leggere' il contesto in cui si trovano e operare di conseguenza. Si lavora su robot per la potatura degli alberi da frutto o delle viti. Atomizzatori intelligenti in grado di indirizzare il getto di prodotto in maniera mirata sulla pianta malata, come barre per il diserbo capaci di distinguere tra coltura e malerba, dirigendo un getto di diserbante solo in quella direzione.

Durante il World Agri-Tech Innovation Summit, l'evento che raccoglie ogni anno innovatori da tutto il mondo (e di cui AgroNotizie è partner), un panel è stato dedicato proprio alla robotica. Sul palco era presente Gaëtan Séverac, cofondatore di Naïo Technologies, azienda francese che commercializza robot, ad esempio per il diserbo.


Presente anche Chris Rhodes di Agco, Gruppo che investe in maniera importante per rendere sempre più intelligenti i propri trattori. Dal Sud Africa è arrivato Benji Meltzer, cto di Aerobotics, compagnia che utilizza droni e satelliti per abilitare le aziende all'agricoltura di precisione, e da Israele Daniel Koppel, ceo di Prospera, che invece utilizza i pivot come automi.
 

I motivi di una agricoltura robotizzata

Ma perché un agricoltore dovrebbe acquistare un robot? Le motivazioni sono principalmente quattro. La prima è la carenza di manodopera. In Inghilterra ad esempio con l'arrivo della Brexit i frutticoltori temono di non trovare braccianti per la raccolta delle mele. Non si tratta di dover pagare di più un lavoratore inglese invece di uno polacco. Semplicemente, dicono i rappresentanti dei farmer inglesi invitati al World Agri-Tech, non si trovano persone disposte a farlo. Lo stesso vale per i produttori di fragole in California.


Ecco dunque che avere un robot in grado di raccogliere un prodotto delicato e non standardizzato, come una mela, una fragola o una arancia, mette l'agricoltore nelle condizioni di non dover pensare al reclutamento della manodopera durante il periodo della raccolta.

La seconda motivazione è la volontà di sollevare l'operatore da quelle operazioni considerate potenzialmente pericolose, come ad esempio l'applicazione di agrofarmaci. Nonostante oggi i trattoristi abbiano a disposizione tutti gli strumenti per lavorare in sicurezza (dai Dpi alle cabine livello IV), molti ancora non seguono le regole per una corretta applicazione dei prodotti fitosanitari. Un robot eliminerebbe alla radice il problema, sostituendosi all'agricoltore nel momento di entrare ad esempio in vigna per i trattamenti antifungini.

La terza ragione è la comodità. Già oggi con la guida parallela ai trattorisi è risparmiato l'onere di dover correggere in continuazione la traiettoria del mezzo. La svolta automatica in capezzagna sta diventando una realtà e in futuro i trattori potranno muoversi autonomamente in azienda (come nel caso del progetto Hands free hectare). Un bell'aiuto per tutti quegli agricoltori, come i frutticoltori o i viticoltori, che devono entrare ogni anno decine di volte in campo.


C'è infine una quarta motivazione, più di carattere economico e ambientale. Grazie all'utilizzo di telecamere e algoritmi di riconoscimento delle immagini le attrezzature che i ricercatori stanno sviluppando saranno in grado di identificare malerbe, insetti o piante malate e di trattare in maniera precisa il bersaglio. Questo significa un minor consumo di prodotti che si traduce in minori costi per l'agricoltore e in un più elevato livello di sostenibilità.


Il nodo dell'alimentazione

Oggi i trattori sono alimentati esclusivamente a gasolio e le attrezzature ad essi collegate sono azionate dalla presa di forza e dall'impianto idraulico. Gli ingegneri che stanno mettendo a punto gli automi del futuro stanno però sondando la possibilità di usare fonti alternative di energia, in primis quella elettrica, ma non solo.

Le opzioni oggi sul tavolo sono principalmente due. Per i trattori a guida autonoma già diversi costruttori stanno pensando al biogas generato in maniera autonoma dall'agricoltore grazie allo sfruttamento delle biomasse (residui di potatura, liquami, scarti di produzione e così via). L'idea è quella di dotare ogni azienda agricola di un piccolo impianto di biogas per approvvigionare l'azienda. Certo, servono impianti semplici da utilizzare e manutenere, ma l'autosufficienza energetica è un obiettivo raggiungibile. Anche perché la bagarre italiana sul gasolio agricolo ha suonato il campanello d'allarme: in futuro le agevolazioni potrebbero scomparire.

Per gli automi che si muoveranno in campo per effettuare operazioni come il diserbo di precisione o le potature (per citarne solo alcune) e che quindi hanno bisogno di meno potenza, si lavora invece all'elettrico. Questo perché i motori elettrici sono meno costosi, meno impegnativi come manutenzione e grazie all'elettricità è più facile azionare componenti differenti: dalle ruote che fanno avanzare il mezzo in campo, ai sensori, fino alla pinza per il 'precision picking'. In questo caso sono i pannelli solari sopra i robot la scelta più utilizzata.


Il nodo della connettività

Pensare ad automi che si muovano in campo senza la supervisione di un operatore è impensabile, sia per ragioni di sicurezza sia per ragioni agronomiche. Un robot infatti, per quanto intelligente, potrebbe urtare una persona, un animale o un automezzo civile creando anche seri danni. E d'altronde nessun agricoltore lascerebbe da solo un mezzo nel proprio campo. Basterebbe un malfunzionamento per mandare all'aria un anno di lavoro.

E' probabile allora che in futuro l'agricoltore siederà comodamente nel suo ufficio e da svariati monitor supervisionerà altrettante macchine. Ma perché questo modello sia praticabile serve che anche in campagna ci sia una connessione 5G. Quella tecnologia di trasmissione che riduce quasi a zero il tempo che passa tra l'invio di un comando e la ricezione (la cosiddetta latenza). In questo modo l'agricoltore avrà la sensazione di essere effettivamente in cabina. Con un tocco del joystick potrà aggiustare la traiettoria di un trattore, supportare un potatore automatico nel caso di una pianta difficile o un raccoglitore nel caso di un frutto complicato da prendere.
 

Il nodo della sostenibilità economica

Tutti i presenti al World Agri-Tech hanno confermato che ad oggi uno dei nodi principali resta il costo di queste macchine. Sono davvero pochi gli ostacoli che la tecnologia non riesca a superare, ma da qui allo sviluppo di automi affidabili, veloci e a basso costo la strada è ancora lunga.

I robot non dormono e non si ammalano, né fanno pause. Eppure sono ancora lenti, costosi e soprattutto poco adattabili a condizioni ambientali imprevedibili. Grande fiducia da questo punto di vista è riposta nell'Intelligenza artificiale, che potrebbe rendere i robot capaci di imparare.

Un robot che pota una vite 'complicata' in Australia grazie al supporto di un operatore in remoto imparerà come risolvere quel problema e questo know-how sarà parte di una coscienza collettiva a cui tutti i robot potranno attingere. E quindi quando un automa in Toscana si troverà davanti ad una situazione uguale o simile saprà agire di conseguenza sulla base dell'esperienza condivisa.

World Agri-Tech London 2019

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