Il 22 dicembre 2017 l'ex ministro Maurizio Martina firmava le Linee guida per lo sviluppo dell'agricoltura di precisione. Una analisi sullo stato di diffusione in Italia del precision farming e un elenco di provvedimenti che governo e regioni (attraverso i Psr) dovrebbero mettere in atto per diffondere un approccio smart alla gestione dei campi. L'obiettivo dichiarato nel testo è di arrivare al 10% della Sau nazionale gestita con le moderne tecnologie entro il 2021.

Ad un anno (quasi) esatto da quella firma poco è cambiato, almeno non abbastanza per dire che l'obiettivo del governo è a portata di mano. In Italia la superficie gestita con il precision farming si ferma sempre all'1%, mentre in paesi come la Francia e la Gran Bretagna è oltre il 20%. "Si tratta di contesti diversi, di agricoltura diversa", commenta ad AgroNotizie Luigi Sartori, professore all'Università di Padova, grande esperto del tema. "L'Italia deve trovare la sua via all'agricoltura di precisione, ad esempio incentivando la diffusione di sistemi applicabili ai trattori già venduti che permettano la guida semi-automatica, oggi montata su solo l'1% dei nuovi mezzi immatricolati".


In Italia un parco trattori vetusto e aziende piccole

Il parco trattori italiano d'altronde è enorme, 1,75 milioni di mezzi, in gran parte con decine di anni sulle spalle. Pensare di rinnovarli attraverso il normale turnover è quasi impossibile, visto che ogni anno vengono immatricolati meno di 20mila mezzi nuovi, di cui solo una piccola parte è dotata delle moderne tecnologie. Meglio allora rendere smart i mezzi meno vecchi e trovare soluzioni versatili e a basso costo facilmente implementabili dalle nostre aziende.

Se infatti in Nord America (dove la guida satellitare ha visto la luce) o in Francia e Germania, le colture sono prevalentemente estensive e l'utilizzo dei trattori a guida assistita giova enormemente all'azienda agricola. In Italia viviamo una agricoltura molto più specializzata e frammentata, che avrebbe bisogno di approcci 'su misura' per ogni tipologia di coltivazione esistente.

Senza contare che la Sau media delle aziende agricole italiane era di 11 ettari nel 2016 (dati Nomisma) con il 63% delle aziende che aveva una superficie media inferiore ai 5 ettari. Dati che stridono con la media Ue, intorno ai 16 ettari, e che vede la Francia al top con quasi 60 ettari medi.


L'Adp nell'agenda del governo

La nota positiva è che di precision farming si sta parlando sempre di più ed è entrato nel radar degli stakeholder del settore. Certo, il cambio di guardia al Mipaaf(t) non ha aiutato, ma il ministro Gian Marco Centinaio, interpellato sul tema da AgroNotizie durante Eima 2018, ha assicurato che da parte del ministero c'è attenzione al tema e che si stanno cercando risorse per aiutare le aziende agricole a digitalizzarsi.

Ad aiutare potrebbe essere la nuova Pac, in discussione al Parlamento europeo (in fase di scioglimento visto che si vota a maggio), che nonostante veda un taglio dei fondi destinati alle aziende agricole (un -5% contenuto nella proposta di bilancio comunitaria), annovera un aumento delle risorse destinate al precision farming e allo sfruttamento dei big data in agricoltura. Si tratta di risorse che tuttavia saranno disponibili solo tra alcuni anni, dopo che la nuova Pac sarà approvata e le regioni avranno proposto e visto accettati i singoli programmi.

Guardando il bicchiere mezzo pieno salta agli occhi che l'industria agromeccanica italiana è all'avanguardia nel settore. Il nostro paese è il terzo produttore al mondo, dietro a Usa e Germania, di macchine agricole e le nostre case, per competere a livello internazionale, hanno sviluppato soluzioni tecnologiche di alto profilo che quindi sono 'a portata di mano' degli agricoltori italiani.

Inoltre negli ultimi anni si è assistito ad un aumento delle società di consulenza, specialmente in settori ad alto valore aggiunto con il vitivinicolo, che offrono assistenza alle aziende agricole proprio sul tema dell'agricoltura di precisione. E anche i contoterzisti stanno prestando sempre maggiore attenzione al tema, cercando di mettere a frutto macchine che spesso già posseggono ma che per varie ragioni non sfruttano al pieno delle potenzialità.

Un punto su cui il governo potrebbe far valere il suo peso riguarda la copertura delle zone rurali con la banda larga. Oggi in Italia solo il 77% delle famiglie che abitano in campagna ha accesso ad internet (in generale, non solo connessioni veloci), contro il 97% dell'Olanda o l'85% della Francia. E basta spostarsi dai centri abitati per perdere il segnale dello smartphone, il device su cui si basano molti servizi di digital farming. In fondo la rete 3G (e si spera presto 5G) è un prerequisito perché in campo si faccia agricoltura smart.

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