Di innovazione in agricoltura si parla sempre di più. Dai tavoli europei, fino a quelli romani, passando per aziende e associazioni di categoria, tutti sottolineano quanto l'innovazione sia fondamentale per una agricoltura sostenibile e produttiva. Innovazione fa rima con università e centri di ricerca, pubblici e privati, e sempre di più con startup. Quelle aziende in miniatura che con pochi soldi e grandi idee provano a rivoluzionare il mondo in cui viviamo. Startup che ogni paese dovrebbe avere interesse a sostenere e far crescere (come accade in Israele).

A guardare il report pubblicato da Five Seasons Ventures e dealroom.co l'Italia non sembra il posto giusto dove fondare una startup. A guardare il bicchiere mezzo vuoto salta agli occhi come solo l'1% degli investimenti europei nell'AgriFoodTech finisca in Italia, che si piazza ben dietro a Germania (45%), Gran Bretagna (26%), Francia (8%), Spagna e Olanda (5%) Svezia (3%) e Danimarca (2%). A guardare il bicchiere mezzo pieno invece salta agli occhi che ben il 9% dei round di investimenti si è concluso nel nostro paese.

Grafico dealroom.co

Per gli ottimisti significa tante piccole startup che nei prossimi anni cresceranno e attireranno investimenti più consistenti. Per i pessimisti invece è la conferma che l'Italia ha menti vulcaniche, in cui però pochi hanno voglia o coraggio di investire. "Ci sono tanti deal non troppo grossi nell'AgiFoodTech, in percentuali maggiori rispetto ad altri settori, che lasciano sperare che ci sia un interesse da parte degli investitori nello scommettere su un settore strategico per l'economia nazionale", spiega ad AgroNotizie Ivan Farneti, cofondatore di Five Seasons Ventures, fondo di venture capital con sede a Bologna e Parigi focalizzato sull'AgriFoodTech.

Guardando all'Europa nel suo complesso, dal 2013 sono 6,5 i miliardi investiti dai fondi vc nel settore AgriFoodTech (inteso come l'intera catena del valore, dal campo alla tavola). La metà di questi soldi è andata nelle tasche delle compagnie che fanno food delivery (come Delivery Hero, Deliveroo, Just Eat e simili) dove si concentrano quattro unicorni (compagnie valutate oltre un miliardo di dollari).

L'altro settore ad attrarre investimenti è l'e-commerce, dove si contano altri quattro unicorni (ThehutGroup, Zooplus, Hello Fresh e Ocado). I 'consumer brands' vedono la presenza di un solo unicorno (BrewDog) mentre il settore dell'agricoltura rimane a bocca asciutta, segno che il segmento della catena di valore maggiormente valorizzato è quello finale, che parla direttamente al consumatore.

Grafico dealroom.co

Un peccato perché il food delivery è davvero una piccola fetta del più vasto mercato retail (30 miliardi su 2 trilioni di euro) che a sua volta è una fetta dell'intero settore agroalimentare (quasi 15 trilioni di euro a livello globale). Se dall'Europa allarghiamo lo sguardo vediamo però come ci siano tre unicorni nel settore agricolo, concentrati in Asia e negli Stati Uniti. Indigo ad esempio è una compagnia statunitense attiva nello sfruttamento dei microrganismi utili all'agricoltura.

Nel settore AgTech gli esempi di investimenti a livello europeo non mancano. Nel campo del miglioramento genetico delle colture operano startup come Tropic Biosciences (che ha incassato 10 milioni). Nella robotica ecoRobotix punta a sviluppare un robot per il diserbo automatico (9 milioni). Piace anche l'indoor farming, con Infarm (25 milioni) e Agrilution (3,8 milioni), così come le proteine ottenute da insetti, Protix Biosystems (45 milioni) e Ynsect (13,8 milioni).

Grafico dealroom.co

Nonostante l'Italia non sia un paese per startup, come abbiamo scritto nell'articolo linkato, per le nascenti aziende tricolori opportunità di crescere in patria ci sono. Startupbootcamp FoodTech, l'acceleratore verticale su agricoltura e cibo, ha sede a Roma e fa parte di un network internazionale con mentor da tutto il mondo. Mentre a Bologna ha sede Five Seasons Ventures, il fondo di venture capital lanciato da Ivan Farneti e Niccolò Manzoni e di cui abbiamo parlato in questo articolo.

L'obiettivo di molti startupper, al di là del raccogliere investimenti, è arrivare ad una exit milionaria. In altre parole vendere la startup, ormai azienda più o meno redditizia, ad un gigante del settore. E le old company sembrano ormai essersi ambientate bene in questo nuovo paradigma di innovazione e crescita.

Le maggiori industrie del settore primario, da quelle chimiche a quelle meccaniche, hanno funzioni di open innovation, scandagliano con attenzione il mondo delle startup, investono nelle aziende più promettenti e quando il momento è giusto non esitano a comprare le imprese che meglio si inseriscono nelle strategie aziendali.

Tabella dealroom.co

A livello globale è successo così con John Deere che ha acquisito Blue River Technology oppure con Dow-DuPont con Granular. Cargill ha investito nell'agricoltura cellulare di Memphis Meats, mentre Syngenta in un gran numero di aziende che sviluppano la nuova generazione di agrofarmaci (Asilomar Bio, AgBiome), di sementi (Abbott&Cobb, Nidera) e di soluzioni per l'agricoltura di precisione (FarmShots).

Una nota positiva in conclusione: secondo il report il 2018 si concluderà con un miliardo di investimenti in Europa nell'AgTech e FoodTech (escluso il food delivery, per fortuna).

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