Quando si parla di innovazione in agricoltura molti pensano all'utilizzo di droni. Eppure i velivoli senza pilota sono meno frequenti in campagna di quanto si possa pensare. Gli alti costi di utilizzo e la burocrazia stanno frenando la loro diffusione nelle aziende agricole. Eppure ci sono alcuni contesti in cui l'utilizzo dei droni si sta facendo lentamente strada. Uno di questi è la lotta biologica alla piralide del mais.

Per combattere questo dannoso lepidottero, responsabile tra l'altro della presenza di micotossine nella granella, si può utilizzare il Trichogramma brassicae, un parassitoide che attacca le uova dell'insetto impedendone la schiusa. Per diffondere in campo questo antagonista naturale molti si stanno affidando ai droni. Le uova di Trichogramma brassicae sono infatti contenute in involucri biodegradabili che devono essere dispersi in campo con tempestività quando le condizioni climatiche e le trappole rivelano il periodo di deposizione delle uova di piralide.

Il drone (in foto vediamo quello della società EGM96) è dotato di un distributore di capsule che rilascia involucri sopra il campo seguendo uno schema di volo prestabilito. Gli Apr (Aeromobile a pilotaggio remoto) rappresentano un'ottima soluzione perché si evita all'agricoltore di entrare in campo con i trampoli, operazione non sempre possibile, soprattutto dopo abbondanti piogge. Il drone è veloce nell'applicazione e può prendere il volo anche subito dopo un acquazzone.

Un drone in volo su un campo di mais
Un drone in volo su un campo di mais
(Fonte foto: EGM96)

Non mancano però gli aspetti negativi. Per far volare un Apr serve un pilota abilitato e per questo l'azienda agricola si deve affidare a una società di consulenza esterna. Questo comporta non solo un costo, ma anche la necessità di un coordinamento attento. Il preavviso con cui il velivolo senza pilota deve alzarsi in volo può infatti essere ridotto e non certo a calendario. Per questo il pilota del drone deve avere già definito il piano di volo e deve recarsi tempestivamente in campo quando le condizioni ambientale lo richiedono.

Un altro settore in cui l'utilizzo dei droni è promettente è quello dell'applicazione degli agrofarmaci. Le norme oggi in vigore vietano l'applicazione di prodotti fitosanitari attraverso mezzi aerei. Al momento della stesura della normativa tuttavia il legislatore si riferiva all'utilizzo di elicotteri e non certo ai droni, una tecnologia ancora non sul mercato.

Il divieto si basa sulla necessità di evitare la deriva dei prodotti fitosanitari che se spruzzati da velivoli possono percorrere anche lunghe distanze contaminando potenzialmente colture limitrofe alla zona di applicazione, ma anche strade e centri abitati. Ad oggi l'utilizzo di velivoli è estremamente limitato e trova applicazione solo in quelle aree non raggiungibili da mezzi a terra e comunque necessita di una deroga particolare.

L'applicazione di agrofarmaci attraverso l'utilizzo dei droni non è però paragonabile a quella eseguita mediante elicotteri o aeroplani. Il drone infatti si può muovere a pochi centimetri al di sopra della coltura e le eliche spingono la miscela verso il basso. Semmai, l'ostacolo più grosso è determinato dall'estrema limitatezza dell'autonomia di volo e del payload massimo, che costringerebbe il pilota a continue interruzioni per cambiare la batteria e fare rifornimento di miscela. In America e in Giappone, dove la legislazione è diversa, si stanno testando droni di grandi dimensioni, dotati di motore a scoppio, capaci di trasportare carichi pesanti e di volare per molto tempo.

Anche in Italia però qualcosa si sta muovendo e in attesa di una modifica della normativa Dronezone, società friulana che si occupa di fornire servizi di agricoltura di precisione attraverso droni, ha ottenuto l'autorizzazione per delle ricerche Rcpp - Release crop protection.

"Stiamo avviando una sperimentazione per provare agli organi competenti che l'utilizzo dei droni per trattamenti fitosanitari non genera derive paragonabili a quelle prodotte da un elicottero", spiega ad AgroNotizie Fabio Focaccia, di Dronezone. "Ma ci vogliamo spingere anche oltre, provando che l'utilizzo dei droni è perfino da preferirsi a quello dei classici atomizzatori. Attraverso un velivolo senza pilota c'è infatti una applicazione più mirata del prodotto, si riducono le derive e non si espongono gli operatori ai fitofarmaci".

In futuro certamente vedremo sempre più droni nelle nostre campagne. Una sfida per tutti gli operatori del settore, in primis le aziende produttrici di agrofarmaci, che avranno il compito di mettere a punto prodotti pensati per questo nuovo tipo di mezzo di applicazione.

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