Mantenere le cose così come stanno può essere un bene in alcune situazioni. Lo è nel caso dei suoli, che forniscono servizi ecosistemici indispensabili per la vita sulla Terra.

Preservare le proprietà del terreno è fondamentale per l'agricoltura conservativa, sistema di gestione sostenibile degli agroecosistemi che migliora e sostiene la produttività, tutelando l'ambiente e, nello stesso tempo, aumentando la fertilità del suolo (Fao, 2011). Nell'agricoltura blu - altro nome dell'agricoltura conservativa - gli aspetti agronomici, ambientali e socio-economici caratterizzanti l'agroecosistema sono ripensati in modo integrato in vista della salvaguardia delle risorse naturali.

Riconosciute dalle istituzioni europee, le pratiche di agricoltura conservativa "portano a un aumento della fertilità e della produttività del terreno - si legge in una recente dichiarazione del Parlamento europeo - a un uso più efficiente dell'acqua e a una migliore capacità di mitigazione dei cambiamenti climatici, nonché a una significativa riduzione dell'erosione, delle emissioni di gas serra e a un impiego ottimale dei prodotti fitosanitari".
 

Agricoltura conservativa, amica del suolo

"In un terreno in salute, le particelle minerali occupano il 45% dello spazio, le microporosità per l'acqua il 25%, le macroporosità per l'aria un altro 25% e la materia organica (humus, radici, organismi) il restante 5%. La qualità del suolo è alla base di una catena di valore, poiché ricopre un ruolo chiave nel determinare la qualità ambientale, che a sua volta influisce sulla sostenibilità dell'agricoltura" ha spiegato Andrea Fiorini, ricercatore dell'Università Cattolica lo scorso 14 febbraio a Piacenza durante la presentazione dei risultati del progetto "Optimagri - Ottimizzazione dei sistemi agricoli conservativi attraverso una migliore gestione delle tecniche culturali".

Mantenere il terreno in salute non è un compito semplice, ma i quattro pilastri dell'agricoltura blu - rotazioni colturali, disturbo minimo, copertura del terreno con residui colturali, uso di cover crop - possono essere d'aiuto agli agricoltori. Se il ricorso alle rotazioni colturali allo scopo di arricchire la fertilità del suolo è frequente anche nel sistema di produzione convenzionale, la riduzione delle lavorazioni per minimizzarne il disturbo è una pratica meno comune.
Eppure, si tratta di un approccio capace di aumentare la stabilità strutturale, degli aggregati del suolo, dell'attività biologica della fauna edafica e di ridurre il tasso di mineralizzazione responsabile delle perdite di sostanza organica SO. "Un incremento del contenuto di SO pari all'1% si traduce nel trattenimento di 175mila litri di acqua per ettaro all'anno con conseguente limitazione degli interventi irrigui" ha precisato Fiorini.
 
Effetti della riduzione del disturbo del suolo tramite tecniche conservative
Effetti della riduzione del disturbo del suolo tramite tecniche conservative

A differenziare le tecniche conservative sono l'intensità e la profondità d'intervento. Il minimum tillage prevede la minima lavorazione del suolo fino a profondità di 15 centimetri con minima inversione degli strati, mentre il no tillage elimina totalmente le lavorazioni proponendo la semina su sodo. Valide alternative sono anche lo strip tillage, che riduce la lavorazione su bande di terreno larghe 15-20 centimetri, e il vertical tillage, che prevede lavorazioni verticali con profondità di 5-8 centimetri.
Ogni tecnica si rivela efficace se associata a conoscenze specifiche e macchine adeguate, quali erpici a dischi, coltivatori o altri attrezzi con organi lavoranti non mossi idraulicamente o da pdp, seminatrici da sodo e attrezzature con dischi verticali non inclinati rispetto alla direzione di avanzamento.

Importanti anche la copertura del suolo e, di conseguenza, i residui colturali che devono persistere su almeno il 30% della superficie per poter prevenire la formazione di croste e l'erosione, aumentare la SO e la porosità del terreno, conservare l'acqua ed alimentare la pedofauna.
Indicate per mantenere il suolo coperto in assenza della coltura principale, le cover crop sono graminacee, leguminose, brassicacee o miscugli delle stesse, utili dal punto di vista fisico (decompattamento, mantenimento della stabilità strutturale, aumento della porosità) e chimico (azoto-fissazione, apporto di SO, cattura di nutrienti). Con effetti pacciamante e allelopatico, le cover crop contribuiscono anche al controllo di infestanti, patogeni e all'insediamento di microrganismi utili.
 
Funzioni svolte dalle varie specie di cover crop
Funzioni svolte dalle varie specie di cover crop
 

Italia: bene, ma non benissimo

Nonostante i benefici derivanti dalla sua adozione, l'agricoltura blu è rimasta a lungo nell'ombra e solo di recente ha iniziato a diffondersi divenendo la protagonista di una "rivoluzione silenziosa" e arrivando a interessare circa 157 milioni di ettari (11% dei terreni coltivati) a livello globale. I Paesi più recettivi sono Stati Uniti, Brasile e Argentina, dove nel 2013 le superfici coltivate con l'approccio conservativo erano pari, rispettivamente, a 36, 32 e 29 milioni di ettari. Il sistema di produzione ha conquistato terreno anche in Cina, Russia e India (Fonte: Fao - Aquatstat, 2014).

In Europa, l'agricoltura conservativa si è diffusa a partire dagli anni '90 interessando - secondo stime - circa due milioni di ettari. Tra i Paesi europei dove è stata adottata maggiormente, spicca la Spagna con 790mila ettari, seguita dall'Italia con 380mila ettari (6% della superficie arativa nazionale), dalla Finlandia e dalla Francia, entrambe con 200mila ettari (Fonte: Fao - Aquatstat, 2014). Ultimamente, il nostro Paese registra un lieve, ma costante aumento delle superfici, ma c'è ancora molto da fare.
 
Diffusione dell'agricoltura conservativa nel mondo negli anni 2008/09 e 2013
Diffusione dell'agricoltura conservativa nel mondo negli anni 2008/09 e 2013 (Fonte: Kassam et al., 2015, da Fao (2014b) - Aquatstat)

L'adozione continuativa in Italia è frenata dalla diffidenza degli agricoltori, che spesso non conoscono bene le tecniche, ma anche dalla mancanza di esperti capaci di supportare gli operatori nel passaggio dall'agricoltura convenzionale a quella blu e dal costo delle macchine, in primis delle attrezzature per il no tillage e la semina su sodo.
 

Non lavorazione, una scelta ancora difficile

Apparentemente il no tillage può sembrare una tecnica semplice, poiché un'unica operazione - la semina su sodo, eseguita in una passata - sostituisce le due o più lavorazioni effettuate tradizionalmente per preparare il letto di semina. Tuttavia, il raggiungimento di risultati soddisfacenti richiede un cambiamento radicale del modus operandi, della gestione dei residui colturali e la scelta di seminatrici da sodo che meglio si adattino alle specifiche esigenze aziendali.

Generalmente trainate e assenti nel parco macchine dei contoterzisti, le seminatrici da sodo permettono di tagliare il terreno e i residui colturali, creare il solco di semina e chiuderlo in condizioni di regime sodivo. Ultima arrivata tra queste attrezzature è la seminatrice KUHN Aurock 6000 da 6 metri, che - lanciata al Sima 2019 e disponibile nelle versioni R (un dosatore) e RC (due dosatori) - monta dischi tripli per una semina su sodo (o dopo minima lavorazione) efficace in presenza di abbondanti residui.
In generale, è consigliabile entrare in campo con macchine pesanti solo quando il terreno è asciutto, poiché i danni da costipamento arrecati in un regime no tillage sono quasi irreparabili, a differenza di quanto avviene in un regime arativo.
 
Nuova seminatrice da sodo KUHN Aurock 6000 RC in azione
Nuova seminatrice da sodo KUHN Aurock 6000 RC in azione
(Fonte foto: © KHUN Italia - www.kuhn.it)

Il no tillage richiede anche una buona dose di pazienza. Nel periodo di transizione dal sistema convenzionale a quello conservativo (3-5 anni) può verificarsi una riduzione delle rese. Solo con il raggiungimento del regime biotico sodivo, la perseveranza viene premiata e le produzioni tornano ad essere pari o superiori a quelle dell'approccio tradizionale, ma a fronte di input ridotti: l'eliminazione delle lavorazioni consente di ridurre i consumi di carburante del 30-70%, nonché l'uso di fertilizzanti e fitofarmaci.
 

Optimagri: no tillage versus conventional tillage

Dati interessanti in merito alle pratiche conservative sono emersi dal progetto Optimagri, coordinato dal DI.PRO.VE.S. dell'Università cattolica del sacro cuore di Piacenza in collaborazione con il Crpa, l'azienda agraria sperimentale Stuard e finanziato dal Psr 2014-2020 della Regione Emilia-Romagna nell'ambito della Misura 16.1.01.
Scopo del progetto - che si inserisce nella decade internazionale del suolo (2015-2024) - è stato quello di introdurre, calibrare e valutare un sistema conservativo capace di garantire il mantenimento degli standard produttivi del sistema convenzionale, la tutela delle risorse naturali e la riduzione dell'impatto ambientale dell'attività agricola.

Durante i due anni di sperimentazione in cui il gruppo operativo ha confrontato le rese di mais (2017) e soia (2018) con approccio conservativo (NT) e convenzionale (CT), non sono state osservate differenze significative. "Se la coltivazione del mais con il no tillage ha consentito di ottenere rese paragonabili, o superiori, a quelle convenzionali, la produzione della soia con la tecnica NT è stata più problematica e - ha specificato Sandro Cornali, tecnico sperimentatore senior dell'azienda Stuard - non ha fornito risultati univoci".

Di grande interesse i risultati relativi alla fertilità del suolo. La tecnica conservativa ha fatto registrare un aumento della SO (nello strato 0-10 centimetri), della stabilità strutturale (nello strato 0-10 centimetri) e dell'attività biologica (nello strato 0-20 centimetri). "Di contro, nelle parcelle sottoposte al conventional tillage, il terreno presentava una fertilità minore, una struttura più deteriorata e una biodiversità più scarsa" ha aggiunto Federico Ardenti, ricercatore dell'Università cattolica.
 
Produzioni di granella di mais simili nelle parcelle CT e NT a Cerzoo (2017)
Produzioni di granella di mais simili nelle parcelle CT e NT a Cerzoo (2017)

Da sottolineare che un biennio di sperimentazione è un periodo troppo breve perché gli svantaggi della transizione da CT a NT scompaiano definitivamente e i vantaggi del sistema conservativo si manifestino in pieno. Ciò nonostante, i risultati di Optimagri dimostrano che la transizione non ha portato ad effetti sfavorevoli e l'uso di cover crop ha favorito la risposta dell'agrosistema al cambio di pratiche. Dunque, l'applicazione "su misura" dei principi conservativi alle realtà specifiche può garantire una reazione abbastanza rapida degli agrosistemi.
 
Contenuto di sostanza organica nello strato 0-10 centimetri delle parcelle con cover crop e CT a Cerzoo
Contenuto di sostanza organica nello strato 0-10 centimetri delle parcelle con cover crop e CT a Cerzoo

 

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